3° Edizione Mondiali Dilettanti: Monaco 1982

Il Mondiale Dilettanti, dopo Belgrado, resta in Europa e la terza edizione si svolge a Monaco (Germania) dal 4 al 15 maggio 1982. Aumenta il numero dei pugili iscritti rispetto al ’78 (da 221 a 271) ma diminuisce il numero delle squadre partecipanti (da 48 a 32). In questa edizione, nascono le categorie dei massimi e dei supermassimi che si sostituiscono a quella degli “over 81 kg”. L’Italia, guidata da Franco Falcinelli e Nazzareno Mela, presenta una formazione agguerrita e ben preparata formata da sette elementi: Damiano Lauretta (pesi mosca), Giuseppe Ferracuti (piuma), Carlo Russolillo (leggeri), Maurizio Ronzoni (superleggeri), Natale Scapellato (welter), Efisio Galici (superwelter) e Francesco Damiani (supermassimi).

L’abbiamo evidenziato dalla prima edizione ma nell’82 scoppia ancor più clamorosamente il “caso arbitri”. Dopo la fase preliminare, ben 17 arbitri vengono allontanati dalla competizione in quanto giudicati “incompetenti”. Li apostrofa in modo diverso Roberto Fazi, direttore del mensile Boxe Ring, che malinconicamente commenta “qui ci si può difendere solo con la lupara”. Gli Stati Uniti estraggono dalla manica più di un asso e vincono più di quanto non avessero vinto nelle precedenti due edizioni. Sarà una coincidenza ma i maliziosi fanno notare che il presidente dell’AIBA è statunitense. Nel dubbio, meglio non deluderlo. Siamo proprio noi italiani (che popolo dedito al vittimismo e al piagnisteo…) a lamentarci dei responsi che hanno eliminato Ferracuti, Ronzoni e Lauretta ma soprattutto di un verdetto pro USA che ci ha privato di una meritata medaglia d’oro con Francesco Damiani nei supermassimi. Con questa medaglia d’argento, che alla vigilia avremmo sottoscritto, l’Italia entra nell’atlante geografico della boxe dilettantistica mondiale. Il 23enne gigante di Bagnacavallo non avrà il fisico dei colossi d’ebano ma ha tecnica da vendere, velocità di braccia ed un gancio sinistro da non disprezzare. Il tabellone gli oppone subito quel Teofilo Stevenson, vincitore di tre Titoli Olimpici e dei due Mondiali fin qui disputati. In pochi avrebbero scommesso su Francesco. Le immagini arrivano nelle case dei telespettatori italiani increduli, capaci di trattenere il respiro per non disturbare Re Teofilo e non svegliarlo da un insperato letargo prolungato. Il pugile romagnolo vince le riprese, mette i colpi migliori, mantiene l’iniziativa, colpisce e lega imbrigliando la fantasia del caraibico. Alla fine, il capolavoro è servito perché pur essendo vero che Stevenson ha commesso l’errore di sottovalutarlo, che era poco preparato fisicamente e che ha patito un dramma psicologico a causa di un grave lutto pochi mesi prima dei mondiali ma Re Teofilo è pur sempre il numero 1 al mondo e Damiani lo ha battuto senza discussioni. Cappotto: 5 a 0. Stevenson ammetterà sportivamente la sconfitta, la prima della sua carriera con un punteggio unanime. La sua precedente sconfitta risaliva al ’73 e nella sua memoria esistevano solo sconfitte di misura, per 3 a 2. La sede newyorkese della ABC veniva sommersa dalle telefonate di spettatori italoamericani che chiedevano la replica del match del secolo. La rete americana li accontentava aggiungendo una lunga intervista al pugile italiano. Prima del bulgaro Stoymenov, Damiani dovrà sconfiggere anche un attacco febbrile che lo accompagnerà per un giorno intero. Il match con il bulgaro non è spettacolare e l’azzurro non risulta brillante come nel turno precedente ma, a volte, è solo il risultato quello che conta ed in questa semifinale contava solo vincere. Missione compiuta, Damiani è in finale. In finale lo attende Tyrell Biggs, 21enne studente universitario di Philadelphia dal fisico scultoreo (192 centimetri per 96 chili), uno dei pugili più apprezzati del team a stelle e strisce nonostante una limitata esperienza sul ring. E’ dura penetrare all’interno di quel sinistro di sbarramento eppure Damiani riesce a far breccia nella boxe fantasiosa dello statunitense che va anche al tappeto (ma non viene contato) e che, a tratti, subisce l’iniziativa e l’azione poderosa del nostro alfiere. Biggs dichiarerà che era convinto di aver perso ma, purtroppo, solo un giudice su cinque la pensa come lui. A Damiani restano una medaglia d’argento che profuma d’oro e la soddisfazione di aver battuto il leggendario Stevenson. Non è poco!

L’impresa del nostro supermassimo relega in secondo piano le buone prove degli altri azzurri. Il peso mosca Damiano Lauretta liquida in meno di un minuto Chen di Taiwan. Offre buona boxe ed un po’ d’accademia nel match successivo contro il romeno Titoiu. E’ sorprendente il verdetto a lui sfavorevole: 4 a 1 per il romeno. Match soporifero del peso piuma Giuseppe Ferracuti opposto al turco Suemer. I due si annullano a vicenda, si vedono pochi colpi puliti a segno. Il nostro pugile sembra aver fatto qualcosa in più per meritarsi il consenso della giuria che è spaccata ma, di un soffio, privilegia il turco (3 a 2). Non al top della condizione, il peso leggero Carlo Russolillo elimina in successione lo svedese Lothander e lo spagnolo Hernando con due secchi 5 a 0. Nei quarti, oltre all’arbitro venezuelano, deve fronteggiare il romeno Ioana, fighter con un gran destro che alla terza riprese si abbatte sulla mascella del nostro rappresentante. Dopo due conteggi, il nostro viene fermato. Buon campionato per il superleggero Maurizio Ronzoni che, prima, regola con disinvoltura il nigeriano Nwokolo e, dopo, affronta il ben noto mancino romeno Fulger. Ronzoni mette al tappeto l’avversario nella prima ripresa e si aggiudica anche le successive. Il verdetto a favore del romeno stupisce non solo Ronzoni ma perfino il tecnico della nazionale romena. Due successi in carnet anche per il welter Natale Scapellato che elimina l’irlandese Bettie per 4 a 1 e l’israeliano Mahrum per ko tecnico al 2° round. Nei quarti di finale, gli sbarra la strada il sovietico Konakbaev, vice campione olimpico a Mosca sconfitto dal nostro Oliva. Il sardo Efisio Galici passa il primo turno sconfiggendo per 4 a 1 il romeno Chioveanu. Negli ottavi, si trova davanti il bulgaro Takov ma soprattutto un arbitro canadese fazioso e indisponente che, dapprima, lo provoca e poi lo squalifica al 2° round. Almeno, così ci racconta il direttore Fazi.

Azzurri a parte, si sono fatti apprezzare in questa terza edizione mondiale i cubani Horta ed Herrera, entrambi alla seconda vittoria iridata, accompagnati dagli altri tre cubani meritevoli dell’oro e cioè Garcia, Comas e Romero. Per gli Stati Uniti, oltre a Biggs, in grande evidenza i suoi connazionali Breland (che Fazi definisce “un Cassius Clay più agile, veloce e preciso”), il velocissimo Favors e l’ostico Whitaker. Tripletta anche per lo squadrone sovietico con i poco appariscenti Alexandrov, Koshkin e Yagubkin oltre ad una menzione per Miroshnichenko. La Bulgaria strappa un oro poco convincente con Mustafov. Incetta di bronzi (quattro) per la Jugoslavia che afferma il valore di una grande scuola pur mancando gli acuti delle edizioni precedenti. Sotto tono le nazioni del continente africano che conquistano solo una medaglia di bronzo con il nigeriano Omoruyi.

 

MEDAGLIERE

  • 1° Cuba (5 ori, 1 argento e 1 bronzo)
  • 2° USA (3 ori, 2 argenti e 2 bronzi)
  • 3° URSS (3 ori, 2 argenti e 1 bronzo)
  • 4° Bulgaria (1 oro e 2 bronzi)
  • 5° Germania Est (1 argento e 3 bronzi)
  • 6° Corea del Sud e Polonia (1 argento e 1 bronzo)
  • 8° Corea del Nord, Finlandia, Italia e Mongolia (1 argento)
  • 12° Jugoslavia (4 bronzi)
  • 13° Germania Ovest e Romania (2 bronzi)
  • 15° Colombia, Irlanda, Nigeria, Olanda e Svezia (1 bronzo)

 

Il medagliere rappresenta la linea di demarcazione tra l’attività dilettantistica ed i successi ottenuti da alcuni di questi atleti dopo il passaggio al professionismo. Ripercorriamone insieme le migliori carriere. Mentre l’edizione del 1978 aveva sfornato una serie di prossimi campioni tra i professioni non si può dire lo stesso di questa edizione. Furono infatti solo cinque i pugili usciti da questi campionati in grado di divenire campioni del mondo anche tra i pro: i medagliati americani Pernell Whitaker, Mark Breland e Iran Barkley, l’italiano Francesco Damiani e il portoricano Sammy Fuentes (subito sconfitto tra i 57 Kg.). Tra questi è Whitaker quello che ha ottenuto i migliori risultati, abbandonato il dilettantismo che tanto gli ha dato, da professionista è stato un vero dominatore tra i pesi leggeri prima e tra i welter poi, con una piccola capatina tra i super leggeri e i super welter potendo contare ben 23 incontri sostenuti con titolo in paglio. Breland si è invece aggiudicato in due occasioni il titolo WBA dei pesi welter, Barkley ha avuto una lunga carriera che lo ha portato a combattere fino nei pesi massimi (con scarsi risultati) divenendo campione prima nei medi, poi nei super medi ed infine tra i medio massimi. Fuentes è ben noto al pubblico italiano perché arrivò in Italia da campione WBO dei super leggeri e lasciò il titolo nelle mani di Giovanni Parisi. Francesco Damiani anche da professionista regalò grandi emozioni ai suoi tifosi, prima conquisto il titolo europeo, poi si prese la rivincita sull’americano Byggs e poi si strinse alla vita il titolo WBO della categoria.

Principali fonti consultate: amateur-boxing.strefa.pl, Annuario della Boxe Italiana 2009, Boxe Ring, Wikipedia, www.boxrec.com.

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