Fragomeni fa il miracolo, Wlodarczyk costretto al pari, il mondiale WBC cruiser resta in Italia

Semplicemente, un match d’altri tempi. Per fare un paragone, bisogna scomodare guerrieri di un passato non proprio dietro l’angolo come Carmen Basilio, Gene Fullmer o Jack La Motta. La battaglia di Roma, che metteva in palio il mondiale cruiser WBC, tra il nostro Giacobbe Fragomeni (26+1-1=) e lo sfidante polacco. Krzysztof  Wlodarczyk (41+2-1=) resterà a lungo nella memoria di chi l’ha vista, per mettere a fuoco il ricordo di un match dove l’aspetto epico ha superato ogni altra situazione.

Dodici anni di differenza, 27 lo sfidante, 39 il campione, pugilisticamente parlando, sono due generazioni e come tali si sono confrontati. Due guerrieri che potevano figurare nei Giochi dell’Ellade, tanto riuscivano a ritrovare energie dopo aver sopportato sforzi di inaudita violenza. La bellezza di questo confronto è stata la lotta titanica tra la splendida giovinezza del guerriero di Varsavia contro la cocciuta ed esaltante volontà di Fragomeni, risorto dagli inferi di una nona ripresa da incubo. Contato e messo in crisi gravissima: i segni della fatica negli occhi, le gambe non più scattanti, le braccia quasi inerti, sembravano i segni di un destino che dava il pollice verso, senza alternativa.

Invece, l’eterno ragazzo della Stadera milanese, ha ritrovato quella magia interiore che scatta quando la nebbia della fatica sembra chiuderti ogni varco. Non so se chiamarlo orgoglio antico di chi ha salito la rampa della gloria soffrendo e combattendo, oppure capire che la bella favola sta finendo e tu torni indietro, troppo indietro per accettare passivamente la degradazione. Diciamo che Giacobbe ha dato un pugno al destino avverso, lo ha scaraventato via aprendosi un varco verso la riscossa, capace di far tremare il gigante polacco che già pregustava il trionfo.

 Tre riprese da incorniciare per il nostro campione, capace di recuperare una situazione disperata, picchiando e inseguendo un Wlodarczyk sconcertato da un recupero che sembrava impossibile. Ma se Fragomeni riusciva a compiere un vero miracolo, lo sfidante pur allo stremo delle forze non era certo rassegnato.

Colpito in velocità, tirava fuori quello che pensava di non avere più. Mulinava le braccia e colpiva a sua volta, cercando con rabbia di non farsi travolgere. Ci riusciva, anche se le gambe apparivano malferme e all’angolo si sgolavano a incoraggiarlo. Non era più il Diablo dei primi round, quando la sua braccia scagliavano missili che colpivano bersaglio con cadenza spaventosa.

Wlodarczyk è una statua pallida ma possente, la struttura è del massimo, corpo scolpito bene, forse mancino impostato in guardia ortodossa. Fragomeni non era passivo, ma doveva arrivare al quarto round prima di annettersi una ripresa. Da quel momento sembrava che la rimonta potesse aprire il cuore alle più rosse speranze.

Il nostro brevilineo appariva bene concentrato, tetragono ai colpi del rivale, pronto alle repliche, che avevano il pregio della maggiore precisione ma anche l’handicap di non lasciare tracce profonde. Tutto questo nel contesto di una battaglia mozzafiato, con ritmi di colpi da pesi leggeri. Wlad non era più brillante, ma possedeva ancora il veleno nei pugni, quel veleno che puniva Fragomeni nel cuore del nono tempo, con alcune combinazioni che fiaccavano la resistenza dell’italiano. Costretto ad inginocchiarsi per non farsi travolgere dall’uragano del Nord, galvanizzato dal momento tanto favorevole. C’era una seconda caduta, sporcata da un colpo sferrato dal polacco con l’atleta a terra, per cui l’arbitro Lewis, soprassedeva e il vantaggio restava di due punti.

Tornato all’angolo, toccava a Patrizio Oliva il compito di scuotere il guerriero stanco, stanchissimo.

 “L’ho offeso a sangue, gli ho strillato che non c’erano consigli tecnici, doveva tirare fuori gli attributi, ricordandosi che avevamo sudato per sei mesi. Voleva gettare via tutto? Bene, che si arrendesse. Per fortuna ha reagito da grandissimo campione, da guerriero vero, d’acciaio e ha capovolto la situazione. Io l’avevo visto vincere, dopo la nona il polacco ha perduto le restanti te riprese. Peccato che a Giacobbe manchi la castagna. Bastava un colpo preciso e lo sfidante che già traballava di suo, sarebbe andato a nanna. Va ben così, abbiamo dimostrato che l’età è quella che senti e Fragomeni ha detto che per batterlo devi essere un mostro”.

Il pubblico ha goduto di uno spettacolo eccezionale, un combattimento dai toni agonistici esaltanti e la parità finale ha premiato entrambi, senza rubare nulla. Non si poteva trovare un vincitore, senza punire l’altro. La sceneggiata del clan polacco faceva parte di una condizione mentale esaltata dal kd. decisamente pesante, ma non finalizzato come lo sfidante sperava.

Personalmente avevo 114-114, dando pari l’ultimo round, togliendo forse qualcosa a Fragomeni. I giudici hanno seguito match diversi. L’inglese Davies 116-112 per il polacco, e fin dal primo round ha visto l’ospite sempre avanti, 39-37 al quarto, 78-75 all’ottavo. Il finlandese Lehtosaari: 38-38, 77-77 e alla fine 114-114. Il francese Dolpierre 38-38, 77-76 e 114-113 definitivo per Fragomeni.
Anche se il pubblico ha risposto sotto le attese, perdendosi una serata da circolino rosso, il clima non ha avuto cali di tensioni. I polacchi, pochi ma rumorosi come un coro di montagna. Il gruppetto degli ultras, dopo abbondanti libagioni, hanno invaso il bordo ring, spingendosi sotto il quadrato. Assenti strategicamente le forze dell’ordine, sono intervenuti i guardian-boy che prima con le buone, poi con metodi più spicci, hanno convinto anche i più riottosi, che dopo aver provato lo scambio a corta distanza, subendo perdite pesanti oltre a qualche denuncia per resistenza e minacce.

Dopo il match i due protagonisti hanno descritto la battaglia con spirito diverso. Il polacco era convinto di aver vinto, non poteva essere diverso, ma la stanchezza gli vietava di alzare i toni. Sdraiato sulla sedia, occhi socchiusi e segni pesanti sulla faccia, agitava le braccia ma il gesto sembrava più un saluto che una minaccia.

Fragomeni era più loquace, anche se confessava di aver sofferto tantissimo: “Picchiava come Haye ed era più continuo. Al quarto round mi ha sferrato un colpo all’orecchio destro, producendomi un dolore allucinante, che dura anche adesso. Devo a Patrizio e a Salvatore se alla nona ho continuato. Quando sono tornato all’angolo ero vuoto, le gambe come il piombo, ho pensato di ritirarmi. Poi la parole di Oliva mi hanno scosso nel modo giusto. Ho sentito rinascere in me la voglia di lottare, di non arrendermi. Ci ho provato e ho mantenuto la corona mondiale. Ma che sofferenza. Un vero diavolo quel polacco”.

Il dottor Mario Sturla, pur assicurando che la situazione era sotto controllo, ha richiesto la TAC per Fragomeni. Eseguita con esito positivo, anche se veniva evidenziata la perforazione del timpano.
“Personalmente avrei fatto fare la TAC anche al polacco, pure lui provato e molto stanco. Il suo clan ha assicurato che il pugile stava benissimo”.

Salvatore Cherchi giustamente soddisfatto, anche se sfinito dalla tensione, ci teneva a chiarire una cosa importante: “La OPI2000 ha dimostrato ancora una volta di operare per dare ai propri pugili la migliore condizione per difendere i titoli. In Polonia avremmo lasciato la corona. Invece pur con uno sforzo finanziario altissimo – lo sfidante ha incamerato più di 200.000 euro – abbiamo fatto combattere Fragomeni davanti al pubblico amico. Altri parlano, noi rispondiamo con i fatti”.

Il figlio Cristian, che opera in simbiosi col padre, sperava che il pubblico rispondesse con una maggiore adesione: “Purtroppo non abbiamo avuto il tempo per promozionare adeguatamente l’evento. Condizionati dall’incidente di Marinelli, per fortuna risoltosi in modo positivo, abbiamo lavorato solo negli ultimi dieci giorni. La serata è stata comunque molto positiva. Fragomeni ha fatto il miracolo, perché lo sfidante era davvero fortissimo. Ma anche gli altri match sono piaciuti. Dai romani al confronto dei messicani, per tutti gli applausi spontanei e simpatici. Adesso Giacobbe si riposa e poi penseremo al da farsi. La sua prestazione a mio giudizio resterà fra gli incontri più spettacolari del 2009”.

Sette match di contorno sono una piccola maratona. Iniziata col mancino Artur Szpilka (4+) altro cruiser mancino che sembra la fotocopia di Wlodarczyk, anche se deve crescere parecchio, ma sembra sulla buona strada. Ha picchiato niente male il magiaro Zoltan Kallai (10+14-70)  per quattro round, che ha avuto il merito di finire in piedi.

Un altro ungherese, Sandor Balogh (1+11-1=) si è incaricato di tenere a battesimo il debuttante Mirko Larghetti (1+), campione italiano in maglietta, niente male tecnicamente, anche se al momento i suoi colpi pur precisi e vari, non hanno grande peso. Vittoria larga per i pugile di Urbino.

Massimo leggero, questo di Roma, Andrea Moretti (3+), partito a mille con un gran destro che ha messo a cuccia dopo pochi secondi Mihaly Kratki (5+24-2=) che ha avuto la forza di risollevarsi e poi evitare di finire ancora giù. Una sconfitta ai punti orgogliosa. Moretti boxa benino, ha scelta di tempo ma si è spento troppo presto per concludere prima del limite. Da rivedere.

L’ultimo ungherese, il medio Ferenc Olah (9+12-2=) portato da Giuseppe Lauri, che alterna la boxe con ruolo di manager, con grande professionalità, è stato il meno valido. Addirittura controproducente la sua breve apparizione. Contro un determinato e concentrato Emanuele Blandamura, che lo messo subito al tappeto con un perfetto destro in faccia, ha tirato fuori tutto il peggio. Testate e ginocchiate, tenute e spallate. L’arbitro ha pazientato per quasi due round, poi l’ha rimandato all’angolo. Squalificato, così ha detto l’uomo in bianco. 

L’altro Emanuele la “ruspa” romana Della Rosa (20+) ha dominato il coraggioso francese Sebastian Spengler (14+9-2=) che pur pestato a sangue, contato e spessi piegato in due per assorbire i larghi montanti di un Della Rosa  che sta mettendo ordine alla sua straordinaria esuberanza agonistica. Match a senso unico per il romano, che ormai sembra maturo per disputare un titoletto di sigla.

Non poteva mancare Vittorio Oi, il ragazzo di Buccioni che ha festeggiato davanti al suo pubblico, la recente conquista del titolo del Mediterraneo superleggeri, contro Trip in Francia. Lo spagnolo Sento Martinez (4+11-3=) assai tatuato e incline e tenere la testa in avanti, non ha contribuito a dare spettacolo, per cui ha dovuto fare tutto “The Time Machine”, che ha comandato e confermato una bella padronanza di ring e grande scelta di tempo. Doti che ha sempre posseduto ed ora sta raccogliendo il premio.

Messico sul ring, significa spettacolo assicurato. Cherchi ha giocato sul sicuro, chiamando Adrian “El Confesor” Hernandez (15+1-1=) che aveva incantato il Palalido di Milano, lo scorso ottobre. Al talentuoso minimosca ha messo di fronte Abel Ochoa (13+13-) più alto e determinato come l’avversario.

Il tasso di classe era tutto per Hernandez, ma il matc sui sei round è stato semplicemente perfetto. L’arbitro non è mai intervenuto e i due piccoli guerrieri hanno dato spettacolo. Nessuna pausa, scambi non stop, Ochoa ha finito col viso gonfio con l’orgoglio di non essersi mai piegato ad un Hernandez che offre preziosi cammei di combinazioni sopra e sotto. Una delizia che ha convinto anche i romani, esplosi in continui applausi.

Visto che assenti hanno avuto torto marcio, nel caso di un bis, il consiglio è quello di non perdesi spettacoli come quello offerto al Gran Teatro di Roma. 

 

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